Quante volte un tuo atleta, un tuo studente, o tuo figlio ti dice:
“Non ci riesco!”
“Non ce la farò mai”
“Non sono capace!”
“Non ci riuscirò mai, quindi non ci provo neanche”.
Tante. Lo so.
E ancora più volte, quello stesso atleta o studente lo ripete a se stesso come un mantra.
“Non ce la faccio. È impossibile.”
Ci sono più osservazioni da fare su queste convinzioni che entrano come tarli e che vanno a divorare la sua autostima.
Da un lato può accadere che il livello di sfida a cui è sottoposto sia troppo elevato rispetto le sue capacità attuali.
Allora da allenatore, da insegnante o da genitore puoi intervenire sulla sfida che gli proponi adeguandola alle capacità di cui dispone in questo momento.
Quindi livello di sfida adeguato, non basso.
Da un altro lato è ormai diffusa la scarsa accettazione dell’errore, come se l’atleta non potesse permettersi di sbagliare e quindi non ne sapesse tollerare la frustrazione. In questo caso l’educatore dovrà ribadire e ribadire – e ribadire! – il valore formativo dell’errore. Velasco dice che “l’errore non è un segno di incapacità ma fa parte del processo di apprendimento”.
Con questo approccio si diventa Atleta Zen (ne sentirete parlare presto).
Da un altro lato ancora c’è la mancanza di abitudine dell’atleta di vedersi con gli occhi della mente mentre raggiunge un risultato – a differenza della capacità sovra-sviluppata nel visualizzare sé stesso che fallisce.
Mi sono stampata questa frase quando l’ho imparata
“Il primo luogo dove avviene il cambiamento è nella mia mente.”
La maggior parte degli atleti non sono consapevoli di quali processi facciano, ad esempio “mi vedo che sbaglio” vs “mi vedo che lo faccio giusto”.
Troppo spesso quello che accade è che il tuo atleta non sa rappresentare nella sua mente un film mentale di successo di quel gesto o di quell’esercizio che andrà ad eseguire.
E quindi non lo fa. Non si muove. Non si muove perché le sue convinzioni sono più forti. Non si muove perché è entrato nel vortice dell’impotenza appresa – individuata da Seligman, è la convinzione che qualunque cosa facciamo non otterremo un risultato diverso.
Cosa puoi fare?
Lascia parlare le immagini. Fai in modo di creare nella sua mente una immagine di sé stesso che riesce nel fare quella cosa.
Aiutalo tu, accompagnalo li, dentro la sua mente, a crearsi una rappresentazione. Puoi utilizzare anche dei brevi video.
Di fronte ad un “non ci riesco!” supportalo con queste due domande:
“Cosa accadrebbe se ci riuscissi?”
“Cosa accade quando ci riesci?”.
Cogli lo spunto che ti sembra più interessante e condividi nei commenti come ti relazioni di fronte ad un “Non ci riesco!”.