So che ogni cosa che fai occupandoti di tuo figlio è fatta con il desiderio di dargli il meglio.
Ma so anche che non sempre i comportamenti che derivano dalla tua buona intenzione sono i comportamenti di cui tuo figlio ha bisogno.
Probabilmente leggendo alcune delle riflessioni qui sotto ti verrà da pensare a qualche genitore di tua conoscenza “Ecco sì, Mario si comporta esattamente così!”, ti verrà da dire “No, assolutamente io non lo faccio!”.
Bene.
Da Coach ti invito comunque a scegliere una di queste aree da coltivare o migliorare per il prossimo periodo.
Ecco alcune riflessioni
Il tuo ESEMPIO conta. Il tuo esempio guida. Non quello che dici, ma quello che fai e che sei. Se gli urli “NON URLARE!!!” lui seguirà il tuo esempio, non ciò che dici. Se gli chiedi di essere una persona rispettosa, ma poi ti ascolta inveire dal pubblico contro il suo allenatore, lui presto o tardi seguirà il tuo esempio.
Le figure AUTOREVOLI – insegnanti, allenatori, maestri, … sono oltre alla sua mamma e il suo papà, i suoi punti di riferimento. Quando tu genitore denigri, sottostimi, ridicolizzi, manifesti disaccordo o critichi aspramente una figura autorevole, stai insegnando a tuo figlio a fare lo stesso. E lo autorizzi a farlo, presto o tardi, anche con te.
Quando COMMENTI (voglio evitare giudichi) qualche prestazione di tuo figlio, limitati a commentare il fatto o il comportamento, MAI la sua identità. “Hai perso la partita”, è diverso da “sei un perdente”. “Hai sbagliato quel punto/ passaggio/gesto” è diverso da “Sei sbagliato”. “Hai fatto una stupidaggine” è diverso da “Sei stupido”. Percepisci l’enorme differenza?
Se tu dimostri di essere FELICE QUANDO VINCE e triste – o peggio arrabbiato, o peggio deluso – quando perde, tuo figlio impara che:
- è un bravo bambino quando vince e un cattivo bambino quando perde;
- la tua felicità dipende da ciò che fa! La tua infelicità pure;
- che i risultati contano più del suo impegno, della sua ricerca, della sua passione, di ciò che lo rende gioioso.
Tuo figlio vuole GIOCARE, divertirsi, competere con se stesso per mettersi alla prova. Non vuole distruggere l’avversario, nè desidera primeggiare sui compagni. A bordo campo allineati con i suoi valori e obiettivi.
Tuo figlio vuole vederti sugli spalti, ama la tua PRESENZA, il tuo esserci per lui e con lui nonostante gli impegni, le levatacce, le corse per incastrare tutto. Ma no, non ama guardarti mentre alzi le braccia in segno di delusione, o punti lo sguardo al cielo stizzito, o mentre lo rimproveri, o quando ti prendi gioco di un suo compagno in difficoltà. Non ama ascoltarti mentre urli “Svegliatevi!!”, “Noooo”, “Non sbagliare!!”. Questo lo ferisce, gli complica le cose, a volte lo imbarazza. Vuole sapere che ci sei, che lo ammiri, che lo segui, che lo inciti come inciti i suoi amici mentre gli fai un bel “sì”con la testa come a dire “Sono qui, tifo per te qualunque cosa accada!”.
Tuo figlio non vuole che tu gli spiani la strada, ha bisogno di cavarsela DA SOLO, di faticare, di sudare, di stancarsi, di imparare a organizzarsi. Se non gli permetti di farlo ora, poi farà il triplo della fatica. Ha bisogno di venire ripreso dal suo allenatore, di essere corretto, anche sgridato. Ha bisogno di sperimentare la sua strada verso l’autonomia.
Se il tuo allenatore lascia tuo figlio in PANCHINA non è la fine del mondo.
- Primo perché è una decisione dell’allenatore (che è l’autorità) e quindi va rispettata.
- Secondo perché stare in panchina serve a sviluppare una notevole quantità di risorse.
- Terzo perché nella vita non si è sempre titolari, e aver fatto la gavetta grazie allo sport può insegnargli attitudini molto preziose.
A fine partita, invece di esprimere subito la tua opinione, ASCOLTA lui. Chiedigli quanto si è divertito, chiedigli che cosa ha imparato di nuovo, chiedigli che cosa gli è piaciuto della partita. Se ti esprime le sue difficoltà o la delusione accoglilo, abbraccialo. “La prossima volta andrà meglio, tu continua a divertirti e a dare il massimo”.
Tuo figlio ha bisogno di appoggio e di supporto. Ha bisogno di fiducia e libertà. Ha bisogno di sbagliare e di imparare a gestirsi autonomamente in situazioni difficili.
Ricordati che tu sei il genitore, non l’allenatore. Per quanto tu possa essere esperto e cultore della disciplina, per il bene di tuo figlio i RUOLI vanno ben distinti.
A tuo figlio serve sapere che la tua figura è sempre il porto sicuro in cui tornare, a prescindere dall’entità della tempesta.
Caro genitore, so che vuoi il meglio per tuo figlio, per questo quando non sai cosa fare ti dico di fare un bel respiro profondo e di avere fiducia delle persone a cui lo affidi.
Ma soprattutto, fidati di tuo figlio e della sua capacità di saper trovare modi e soluzioni.
Lo sport inevitabilmente forma. Lascialo compiere il suo nobile ruolo.
Caro genitore, se vuoi sapere come posso supportare te e tuo figlio con il coaching ti aspetto ai 2 webinar che ho preparato per te.
Interessante e istruttivo ??
Ne sono felice Elisa 🙂
Spunti interessanti e molte volte non ci si rende conto di quanto contiamo noi genitori per i nostri figli!grazie
Grazie a te Silvia 🙂